Per quanto si sia detto come ogni casa editrice abbia una propria "grammatica" (a.k.a. "norme redazionali"), esistono R.E.G.O.L.E. che un correttore DEVE conoscere ALDILÀ dei particolarismi editoriali.
Perfezione grammaticale: sapersi destreggiare fra congiuntivi e ortografia è un inizio, ma NON BASTA. Il correttore di bozze dev'essere un grammar nazi implacabile, spietato verso quegli "errorini" ("è" del verbo essere scritto con accento acuto invece che grave) su cui le stesse prof di scuola chiudono un occhio.
Per dire, io solo grazie a Herzog venni a conoscenza dell'arcano della "d eufonica" e del fatto che va usata solo se preceduta e seguita da vocali omofone (come in "ad Auschwitz", dove la "d" è sita fra due "a"). In espressioni come "ed Olga" è da evitare in quanto "e" ed "o" non sono vocali omofone. Ma niente panico: la "d eufonica" è in via d'estinzione dal parlato (per quanto un po' più "irriducibile" nello scritto).
Herzog mi ha introdotta anche nel Magico Mondo degli Accenti. Confesso di aver riempito i miei vecchi temi scolastici di "è" copula con accento acuto (!!!), ma capisco solo ora come il prof di italiano che mi correggeva gli accenti non fosse in realtà affetto da disturbo ossessivo compulsivo. Gli accenti furono anche alla base del mio antico odio per il francese, lo ammetto. Bando all'album dei ricordi dei miei strafalcioni dovete sapere che orientativamente gli accenti a fine parola sono ACUTI (si vedano "perché", "poiché"...), in genere, tuttavia vi sono le eccezioni come "bignè" con accento grave, al che vi consiglio spassionatamente di consultare una grammatica.
Sempre sul fronte "accenti" nei libri ci si imbatte in un altro orrore: E’ al posto di È. Maiuscole o minuscole, LE VOCALI ACCENTATE DEVONO RESTARE ACCENTATE.
Più peregrino il discorso del mettere o meno l'accento su "se stesso". Vi dirò, Herzog e Serianni raccomandano "sé stesso" con l'accento, ma nei libri ho riscontrato sempre il caso contrario, quindi scialla.
Altri miei errori inconfessati sono "pò" invece di "po'" nonché le raffiche di puntini di sospensione (devono essere né più né meno di tre: "..."). Insomma, cosucce passabili finché si è in chat, ma decisamente meno se si lavora in casa editrice.
Altro errore tragicamente frequente è scrivere "qual'era!" senza apostrofo.
I titoli: per i titoli abbiamo l'opzione "alto" (TITOLO) o "alto + basso" (Titolo). La scelta dell'una o dell'altra dipende dalle norme redazionali di ciascuna casa editrice. I titoli sono comunque in corsivo o in tondo fra virgolette, con le maiuscole per i nomi propri. Da evitare l'accoppiata di de/ne + articolo (scrivete "il testo dei Promessi sposi" piuttosto che il cacofonico "il testo de I promessi sposi").
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Rassegnatevi, non esiste corso letterario che non li tirerà in ballo. |
Le citazioni: come anticipato nel post precedente, per le citazioni vigono le due scuole di pensiero("caporali" o "doppi apici") a seconda della casa editrice. Quando la citazione è introdotta da due punti abbiamo l'iniziale in maiuscolo, eccetto quando la suddetta citazione inizia con puntini di sospensione, dov'è in minuscolo. Nel caso di citazioni in lingua straniera usare il corsivo e inserire la traduzione tra parentesi, in tondo e fra virgolette in una nota a piè pagina.
Le date: i decenni si indicano con la maiuscola ("gli anni Ottanta") mentre gli anni singoli con cifre precedute da un apostrofo (il '68). I nomi dei mesi e dei giorni della settimana vanno in minuscolo mentre la maiuscola è riservata a ricorrenze importanti (il Primo Maggio).
I dialoghi: essi sono introdotti dai trattini (- Ciao, Joe.) o dai doppi apici ("Ariciao, Joe.".). Quanto al punto a fine frase di un dialogo esso è inserito solo fuori dalle virgolette ("Ci, rivediamo, Joe".), o sia fuori che dentro di esse ("Ora ti levi dalle balle, Joe?".).
Le note: chi ha all'attivo almeno la propria tesi di laurea avrà senz'altro dovuto farcirla di note a piè pagina per riportare le fonti bibliografiche, ossia i titoli di saggi e articoli da cui ci si augura che un laureando abbia attinto quanto vi ha scritto (onde scongiurare che non lo abbia inventato di sana pianta o letto su Topolino). Mai scritte tesi di laurea? No hay problema. Un esempio di nota può essere "J. Le Goff, Gli intellettuali nel Medioevo, Mondadori, Milano, 2008, p.70", se la stessa opera è citata più di una volta allora si scriverà, ad esempio, "J. Le Goff, op. cit., p.84". Anche redattori e autori stessi possono apporre note, ergo ecco "N.d.A." (nota dell'autore), "N.d.E." (nota dell'editore), "N.d.T" (nota del traduttore).
Didascalie e immagini: le immagini nel corpo del testo vanno numerate con cifre arabe con l'avanzare del testo, nel caso di tavole che occupano intere pagine la numerazione progressiva è in numeri romani.